UGO LEVITA

 pittore

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 Ugo Levita – Ondaperpetua

Francesco Santaniello, per la mostra personale a Terni, 2005


Chiedendosi cosa sia l’arte, Benedetto Croce nel Breviario di estetica sentenziò:”….l’arte è visione o intuizione. L’artista produce un’immagine o fantasma; e colui che gusta l’arte volge l’occhio al punto che l’artista gli ha additato, guarda per lo spiraglio che colui gli ha aperto e riproduce in sé quell’immagine”. Croce, inoltre, riconosceva in ogni vera espressione artistica un principio lirico; un principio che con immediatezza percepiamo come l’elemento generatore di tutta l’opera di Ugo Levita. La pittura di Levita è un universo autre, governato da leggi proprie, in cui le regole dell’ottica e della prospettiva si piegano al volere dell’artista demiurgo. In essa si coniugano gli opposti: la memoria soggettiva si mescola alla memoria storica, le contaminazioni del futuro si confondono con quelle del passato, da cui sono germogliate, e le passioni si stemperano nella apollinea catarsi. Vedere una mostra di Levita è come seguire un percorso iniziatico attraverso un archivio mnemonico. La contemplazione di un suo quadro assume la valenza di una ricerca proustiana, filtrata dalla memoria e dal sentimento dell’autore, che ci spinge a scrutare con attenzione ciascun particolare iconografico, intriso di suggestioni figurative, filosofiche e letterarie. Non ci è dato sapere a priori quale sia la meta di tale percorso, ma certamente attiene alla sfera dell’ineffabile.                                                                                                                                                                            

Nei la vori di Ugo Levita ogni elemento iconografico, che può derivare dalle culture figurative più diverse – dall’archeologia classica al Caravaggismo, dalle civiltà precolombiane ai Surrealisti – racchiude un significato iconologico. Tuttavia, se cercassimo ora, didatticamente, di svelare il loro contenuto, romperemmo l’incanto di questo arcano e sorprendente mondo d’immagini. Lasciate che la poesia pittorica di Levita irrompa nelle vostra mente, ascoltatene la melodia e sarete illuminati dalla sua bellezza e dalla sua armonia. Il sorprendente magistero tecnico di Levita, coniugato al gusto del particolare realisticamente definito, l’esuberante repertorio iconografico in cui la vivida presenza dei ritratti, di una verosomiglianza quasi fotografica, dialoga con alcuni elementi figurativi del Barocco, soprattutto napoletano, o con quelli degli stili decorativi più estetizzanti, ma anche con quelli delle correnti contemporanee tipo il Graffitismo, ha lasciato perplessa una parte della critica nazionale – a mio avviso miope – che ritiene anacronistiche certe scelte. Eppure per questi stessi motivi Levita viene osannato dagli intellettuali d’oltralpe. Questo è un destino comune a molti artisti che scelgono di perseguire la strada del figurativo, ritenuto obsoleto; ma nei casi in cui non sia olografia o mera accademia, la pittura d’immagine non ha mai esaurito la sua carica comunicativa, né la sua forza espressiva, al pari degli altri codici linguistici. La qualità rende sublime sia la pittura figurativa sia quella non figurativa. In conclusione, potremmo definire levita pictor classicus, mutuando l’auto-definizione di De Chirico, poiché anch’egli intende la classicità come perfezione dell’immagine ed esecuzione impeccabile. Classicità, si badi bene, che non è né un repertorio di modelli né un codice di riferimento, ma un idioma capace di trasmettere anche i contenuti del mondo attuale.                                                                                                          

 “Ondaperpetua” è un progetto che racchiude la poetica di Ugo Levita e lo rappresenta nelle manifestazioni espositive. “Ondaperpetua” - scrive il pittore – è il moto silenzioso che attraversa l’immobile mare, camminando sull’acqua o pedalando a bordo di pesci ciechi o nell’abisso del nostro oceano, dove non giunge la luce di cui è avido il mio lavoro di archivista. Scompaginiamo per un attimo l’ordine del tempo storico, guardiamo per ore un televisore spento, chiediamo alla nostra memoria di disfare i suoi cassetti e recuperare i frammenti sparsi in giro per l’eternità. Nell’avvicinarsi alle mie opere, il consiglio che sento di dare è di lasciare attraversare il nostro mare dall’onda perpetua, dal moto perpetuo che parla con voce suadente nell’epoca del rumore vano, a volte strilla sullo specchio del mare dell’inutilità che diventa indispensabile. A volte è lei ad interrogarci, piuttosto che il contrario. Avremo risposte?”